La Soprintendenza ABAP per le province di CS, CZ e KR, la Fondazione Attilio ed Elena Giuliani Onlus, e il Comune di Cosenza sono lieti di comunicare che lunedì 3 luglio 2017 alle ore 18,00, nella prestigiosa cornice di Villa Rendano, sarà inaugurata la mostra “L’età dell’eleganza un percorso etno-antropologico attraverso tessuti, decorazioni e ricami calabresi nell’Ottocento”, che si protrarrà fino al venerdì 28 luglio.
La mostra sarà aperta al pubblico da lunedì a domenica dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle 16.00 alle 19,00.
Nella giornata inaugurale, sono previsti gli interventi di: dott. Salvatore Patamia, il segretario regionale MIBAC per la Calabria, dott. Mario Pagano, Soprintendente ABAP prov. CS,CZ e KR; l’arch. Mario Occhiuto, Sindaco di Cosenza; il dott. Walter Pellegrini, Direttore Progetto Villa Rendano.
Seguirà la presentazione della dott.ssa Nicla Macrì e gli interventi della dott.ssa Maria Luisa Albamonte e della storica dell’arte Anna Francesca La Rosa, oltreché della restauratrice Simonetta Portalupi.
L’evento, sponsorizzato da enti, associazioni, istituti di credito e ditte presenti sul nostro territorio, è stato curato dalla sezione Demoetnoantropologica diretta dallo storico dell’arte Pietro Frappi, curatore della mostra e da restauratori della Soprintendenza con la collaborazione, per quando riguarda la messa in sicurezza dei manufatti e l’allestimento, della restauratrice Simonetta Portalupi della soc. Coop. “La trama e l’ordito”, dalla Direttrice e il personale della Casa delle Culture, dal Direttore ed il personale del Progetto Villa Rendano ai quali vanno i nostri ringraziamenti a cui si aggiungono quelli, doverosi , al dott. Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona mecenate ed ideatore della preziosa collezione Bilotti-Telesio.
La mostra in questione,si prefigge di far conoscere, un patrimonio demo-etno-culturale che documenta, attraverso i tessuti, gli abiti, le decorazioni e i ricami,la vita aristocratica, borghese, agricola ed artigianale della Calabria Citra in età post-unitaria.
Particolare interesse, nell’economia dell’intero territorio calabrese del XIX sec., la seticultura, ha offerto ai calabresi, l’opportunità di sviluppare un’economia, a costo zero, con un prodotto richiestissimo da tutti i mercati europei.
Nell’Ottocento i mercati di Genova, Bologna, Sfax e Marsiglia divennero i principali clienti degli armatori calabresi; la seta, i damaschi ed i broccati prodotti nelle filande locali raggiungevano, con i propri bastimenti, i più lontani porti del Tirreno.
In quasi tutti i paesi della Calabria Citra c’erano decine e decine di filatoi ad “aspa corta” e “aspa lunga”che portarono la nostra provincia ai primi posti per la produzione di seta greggia nel regno.
Gli abiti esposti rappresentano dunque un esempio di tessitura ma anche un gusto ed una attività sartoriale a cui si lega il lavoro delle ricamatrici, delle merlettaie, dei calzolai e di tutti quei rappresentanti delle cosiddette “arti minori” che concorrevano, “vanitas vanitatum et omnia vanitas”, alla realizzazione ed al soddisfacimento della committenza.
L’esposizione permette,pertanto, di compiere un originale e suggestivo percorso nella storia, nellamoda e nella tradizione cosentina.
Attraverso gli abiti, le acconciature, e l’alto livello sartoriale e decorativo, emerge un livello internazionale della classe egemone. Intense in fatti erano le relazioni commerciali con Francia,Inghilterra, Germania e Stati Uniti: seta e liquirizia dalla Calabria Citra, essenze di bergamotto,gelsomino, gaggìa, per i profumi dalla Calabria Citra. Questa proiezione internazionale eratangibile nel gusto di vestirsi a Cosenza, fatture ottocentesche di acquisti in negozi parigini e inglesi così come abbonamenti a riviste di moda internazionali, documentano gli acquisti di abiti e corredi nelle grandi capitali europee.

Posto di rilievo, accanto all’alta moda, occupa il costume “tradizionale”: calabrese, albanese, grecanico ed occitano. La ricchezza di questi manufatti, la preziosità dei decori e dei ricami in oro e argento che sembrano contrastare con gli strumenti del vivere quotidiano, e del “faticare”, venivano indossati in occasione delle feste, configurandosi come una sorta di riscatto dalle condizioni della durezza della vita di campagna.
Gli abiti tradizionali non erano tuttavia prerogativa del solo mondo contadino, essi erano riconosciuti e usati ed apprezzati , anche nei vertici della società, arricchiti dall’oro e dall’argento dei ricami.
Ultima è la tradizione del ricamo e del merletto, tratti comuni dell’educazione delle giovani di qualunque estrazione fin dalla più tenera età.
Merletti ad ago ed a tombolo, differenti dal ricamo per assenza di una base, passavano attraverso un disegno trasportato su tessuto con polvere di carbone e con filo nero.
Il corredo nuziale, frutto di esperto e paziente lavoro, rispondeva alle esigenze della nascente famiglia, la biancheria, finemente ricamata, era considerata bene familiare di massimo valore.
Al corredo della sposa, emblematico della condizione economica,venivano infatti dedicate le migliori energie in termini di creatività e di cura nell’esecuzione, le spese per mettere insieme i diversi capi, acquistati o confezionati in famiglia, erano tali che sin dall’infanzia si provvedeva a mettere da parte,in un’apposita “cascia” , indumenti, telerie, merletti e coperte.
La mostra dunque, nel percorrere uno spaccato di vita “fin de siecle”, grazie all’inarrestabile eccletticità della moda e dei tessuti, evidenzia altresì l’abilità delle maestranze artigiane e sartoriali locali che, con la loro creatività e tecnica, hanno contribuito ed alimentato il gusto, le scelte e l’eleganza di un secolo spazzato via dagli echi dell’incombente, tragico evento bellico.