Storia ed arte si intrecciano tra le mura di Villa Rendano, riconosciuta dal Ministero per i Beni culturali e Ambientali per la sua portata culturale.

Edificata dal musicista Alfonso Rendano, suo primo proprietario, appare maestosa e imponente agli occhi di chi la guarda, grazie alla prestigiosa posizione, ubicata sul colle Triglio, alle spalle dei palazzi cinquecenteschi più importanti della città di Cosenza e circondata da un curatissimo giardino.

Del suo stile, di matrice rinascimentale toscano e fiorentino, riconoscibile dalle decorazioni presenti sulla facciata e in alcune zone all’interno, come l’atrio e la tromba delle scale, risalta un’ eleganza da osservare con gli occhi ben aperti.
Un edificio, che conserva immutati i ricordi, al quale approcciarsi lasciandosi andare ad un viaggio dell’ immaginazione, nel quale sembrano risuonare le note di un vecchio pianoforte.

Una struttura che ha mantenuto inalterata la sua bellezza, nonostante le numerose successioni e l’acquisizione, intorno agli anni ’90, da parte della società Italgas che la restaurò per farne la sua sede operativa di rappresentanza.

Dal 2012 appartiene alla Fondazione Attilio ed Elena Giuliani, responsabile di averle restituito l’antico splendore, valorizzando gli spazi posti al piano terra, privati, in precedenza, del loro valore estetico e del carattere nobiliare, e di averla trasformata in una dinamica e innovativa istituzione culturale.

Innalzata su tre piani fuori terra, Villa Rendano è una signorile residenza, i cui affreschi raccontano l’epoca rinascimentale, le stanze, il passaggio di blasonati proprietari terrieri che, nel corso del tempo, ne hanno modificato struttura e funzione.

Caratteristica dell’edificio, simbolo dei palazzi dell’epoca, la presenza di un piano nobile, contrassegnato da una serie di ambienti senza soluzione di continuità, disposti “a corte”, attorno alla tromba delle scale e disimpegnati da piccoli vani.
In un susseguirsi di aree a sé stanti, soffitti dipinti si alternano a pavimentazioni che, come nel miglior libro di storia, testimoniano il passaggio dei secoli attraverso tecniche, per lo più, di ispirazione pompeiana. Una costruzione, per nulla segnata dal tempo, il cui piano terra, un tempo adibito alle rimesse e i locali di servizio, viene oggi destinato a seminari, convegni ed eventi seguito da un primo piano, come da tradizione, alcova della cultura.
Era lì che in passato, trovavano posto le sale di rappresentanza, la biblioteca e lo studio, seguite, da un secondo piano destinato alle camere da letto.

Un avvicendarsi, insomma, di sale e affreschi che alimentano, in ciascun visitatore, il senso di una passeggiata tra un tempo che fu e uno che ancora deve essere.
Se del passato, infatti, permane il fascino suggestivo delle pareti, raffiguranti ora eleganti figure femminili ora, sui soffitti, paesaggi campestri e giardini alberati, è del futuro che si respira l’aria incontaminata e innovativa.
Lì, dove leggenda vuole che Alfonso Rendano solesse concertare con gli amici, attualmente risuonano risate popolari e note di artisti emergenti che danno alla struttura un senso di ritrovata e inaspettata modernità.

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