Nel 2005, alcuni giovani studiosi riuniti intorno a Giuliano Campioni, esperto di fama internazionale di Nietzsche e della cultura europea del XIX e XX secolo, continuatore dell’edizione critica italiana delle Opere e dell’Epistolario di Nietzsche a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, hanno fondato un gruppo di ricerca seminariale di studi sul pensiero e le opere di Friedrich Nietzsche.

Il gruppo si riunisce una volta l’anno in una sede ospitante ogni volta diversa, scegliendo per ogni edizione del seminario un tema o un problema legati al pensiero del filosofo tedesco.

L’incontro di ricerca si svolge nell’arco temporale di tre giorni: un pomeriggio, una intera giornata e una mattinata.

Il lavoro del gruppo si articola in tre sessioni: due sessioni di confronto seminariale intensivo riservate ai membri effettivi del seminario e a partecipanti uditori che vengono ammessi di volta in volta su domanda e dietro valutazione del curriculum da parte dei membri permanenti, e una sessione aperta al pubblico, alla quale vengono invitati studiosi di fama internazionale che presentano le loro ricerche sui temi del seminario.

Il seminario si propone di offrire uno spazio di discussione e di incontro informale e libero dal vincolo della produzione di atti o pubblicazioni specificamente legate all’iniziativa: l’idea è di vivere una esperienza di confronto diretta tra studiosi esperti senior e giovani studiosi, esperienza che sia propedeutica alle rispettive ricerche individuali.

Nel corso degli anni, il Seminario ha conquistato progressivamente autorità scientifica, testimoniata dalla continuità della sua attività (il seminario ha avuto undici edizioni consecutive nell’arco di nove anni) e dal costante e crescente numero di richieste di partecipazione di nuovi uditori e membri: i lavori seminariali hanno avuto un influsso decisivo nella produzione scientifica dei membri, nella creazione di contatti a livello nazionale e internazionale; numerosi poi sono stati i giovani studenti che, grazie al seminario, si sono avvicinati allo studio del pensiero nietzscheano secondo il metodo che coniuga il dinamismo della riflessione teoretica al rigore storico critico e filologico.

Il tema 2015: Che cosa significa essere “buoni europei”?

Negli ultimi anni è stata molto dibattuta con risultati alterni, la questione della presenza di un autentico pensiero politico di Nietzsche. Anche il Seminario Permanente sta cercando di dare risposta a questa domanda nel corso dei lavori delle ultime edizioni. La presenza di una riflessione legata alla figura del “Buon Europeo” o dei “Buoni Europei” nella filosofia di Nietzsche, è una traccia che permette di toccare con mano il particolare approccio di Nietzsche al problema politico.

Come osservano Pietro Gori e Paolo Stellino in un illuminante contributo sul tema in corso di pubblicazione, «Nietzsche utilizza per la prima volta il termine “buon europeo” nell’aforisma 475 di Umano, troppo umano I, intitolato “L’uomo europeo e la distruzione delle nazioni”. Qui Nietzsche diagnostica due tendenze opposte che, a suo parere, si stanno manifestando nell’Europa del suo tempo. Da una parte, diversi fattori economici (il commercio e l’industria moderni), culturali (la rete stabilita dagli intellettuali) e sociali (il nomadismo) contribuiscono a un sempre crescente indebolimento delle barriere nazionali. La prospettiva futura, auspicata da Nietzsche, è la creazione di una Mischrasse, una «razza mista, quella dell’uomo europeo (Umano, troppo umano af. 475). A fare da contraltare a questa tendenza è la fomentazione di un nazionalismo che, secondo Nietzsche, non solo è estremamente pericoloso, in quanto spinge all’odio tra nazioni europee ed «è nella sua essenza uno stato d’emergenza e d’assedio», ma anche artificiale, in quanto contraddice il naturale movimento dei popoli europei verso la loro unificazione. Dietro tale nazionalismo si cela l’interesse di “determinate dinastie regnanti e

[…] classi del commercio e della società” che, facendo ricorso a “astuzia, menzogna e violenza”, fanno passare il proprio interesse particolare per quello universale dei popoli (ibidem). Lungi dal cadere nella sua trappola, Nietzsche demistifica il nazionalismo, svelandone e denunciandone i meccanismi di mero interesse egoistico che stanno alla sua base. Una volta che tale logica è smascherata, “bisogna dirsi francamente solo buoni europei e contribuire con l’azione alla fusione delle nazioni” (ibidem). Tale progetto passa attraverso la “possibilità di creare un’ideale comunità di intellettuali europei”, grazie alla “diffusione e libera circolazione del pensiero e delle nuove idee oltre gli angusti confini nazionali”. “Scrivere meglio” osserva Nietzsche “significa contemporaneamente anche pensare meglio; trovar cose sempre più degne di esser comunicate e saperle veramente comunicare; diventare traducibili per le lingue dei vicini; rendersi accessibili alla comprensione di quegli stranieri che imparano la nostra lingua; operare perché ogni bene diventi bene comune e perché tutto sia libero ai liberi”» (Il viandante e la sua ombra, af. 87).

Esistono oggi dei “Buoni Europei”? Esisteranno forse un giorno? Nietzsche sembra avere in mente un ideale regolativo, la cui concretezza, o meglio, la cui contingenza, sfugge all’osservazione più attenta. Molto accurato e lucido invece, è l’affresco dell’Europa moderna delineato da Nietzsche, un affresco che non ha perso la sua attualità ancora ai giorni nostri.

Cosa identifica l’identità Europea? L’Europa può essere ridotta ad un discorso economico, ad una cultura comune, sovranazionale con i suoi valori? Che ruolo hanno i valori cristiani nella costruzione di un’idea d’Europa? Ed infine, come pensare l’integrazione Europea, la compresenza e la coabitazione di anime differenti, delle singole identità nazionali? Nietzsche sembra credere, come del resto gli antropologi della sua epoca, alla possibilità storica della demolizione delle roccaforti delle identità nazionali, risultato necessario del progressivo metissage dei popoli e delle culture.

L’Europeo non è né francese, né tedesco, né italiano, ma è al contempo francese, tedesco ed italiano. Su questa base, siamo davvero convinti di poter pensare l’ideale regolativo del “Buon Europeo” in termini politici? O non si tratta piuttosto di una evoluzione che si gioca sul piano della cultura? La “Grande politica” non potrebbe rappresentare piuttosto che un’unità geografica e politica la dimensione, forse utopica, come non negarlo, di una promessa di integrazione, di ricchezza comprensiva ed espressiva, che supera le frontiere nazionali? Ma l’Europa, non è anch’essa una forma didi ideale? E come tale, non è forse destinata ad essere superata? Sono queste alcune delle domande che Nietzsche si pone in ultima istanza. Come possiamo, noi che non siamo ancora neanche Europei, sentirci e pensarci come sovra-europei, appartenenti ad una comunità più ampia ancora di quella rappresentata dalla cultura occidentale? Come possiamo, o meglio, quando potremo dirci pienamente “uomini”, al di là di ogni appartenenza sociale, politica o religiosa che sia?

Queste le domande principali dalle quali il Seminario Permanente Nietzscheano prenderà le mosse in occasione del suo decennale. Nel corso dei lavori affronteremo come sempre i testi nietzscheani direttamente e quanto più possibile senza filtri. La presenza della riflessione sul “Buon Europeo” può essere chiaramente ricostruita a partire dal 1879, e continuerà ad essere centrale fino agli ultimi anni dell’attività filosofica di Nietzsche, ottenendo uno spazio importante in quasi tutte le opere principali dell’autore. Ad una analisi filologica dei testi nietzscheani il metodo di lavoro del Seminario unisce tradizionalmente uno sforzo ermeneutico collettivo e polifonico, che non disdegna il confronto con i pensatori contemporanei.